Eccomi, sono la serva!

Solennità dell’Immacolata Concezione - II domenica di Avvento

dicembre 08 , 2019

il testo biblico: Lc 1,26-38
26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». 29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

breve contestualizzazione e spiegazione
- La Lectio è incentrata sul testo dell’Annunciazione (Lc 1,26-38) che viene letto nella solennità dell’Immacolata Concezione. Quest’anno essa si sovrappone alla II domenica di Avvento.
- Maria è una giovane vergine promessa sposa di Giuseppe, di Nàzaret, sconosciuto villaggio della Galilea. Inconcepibile, per la mentalità del tempo, che il Messia potesse nascere in Galilea e non in Giudea e, soprattutto, a Gerusalemme, la città santa; ancora più assurdo che un angelo rivolga la parola ad una donna, cui neanche i rabbini potevano rivolgere la parola (si rammenti la sorpresa della donna e dei discepoli nell’episodio di Gesù e la samaritana raccontato in Gv 4, 1-42). Anche a Maria, come a Zaccaria, viene detto da Gabriele (in realtà a Zaccaria apparve un angelo del Signore) che concepirà e partorirà un bambino, il figlio delle profezie, il messia davidico, il figlio di Dio (vv. 28-33).
- L’apparizione dell’angelo richiama una serie di apparizioni angeliche nella Bibbia: in Gn 16, 6-14 un angelo conforta Agar maltrattata da Sara; in Gn 17, 15-22 e 18, 4-14 angeli del Signore appaiono anche ad Abramo in forma umana, ma nel dialogo la loro presenza si confonde con la presenza di Dio stesso il quale colloquia direttamente con Abramo. Il saluto dell’angelo è ancora più strano della sua apparizione: Maria è invitata a “rallegrarsi” (chaire). La vergine è, poi, definita kecharitomene; infine, le si comunica che il Signore è con lei. Di solito kecharitomene è stato reso con “piena di grazia”: il passivo divino aiuta a capire il perfetto del verbo greco che richiama un intervento di Dio, avvenuto nel passato ma con effetti che perdurano: “tu che Dio ha colmato dei suoi favori”. A tali parole, Maria resta turbata; l’angelo, quindi, spiega il motivo della sua gioia: concepirà e partorirà un figlio, che sarà grande, sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, riceverà il trono di Davide, regnerà per sempre e sarà Figlio di Dio. Il nome che l’angelo comunica che Maria darà al figlio è Gesù, che è in ebraico Jeôshûa’, abbreviato in Jeshûa’ (da cui il nome greco Jêsou) e significa letteralmente “Jahwèh salvò” oppure come invocazione: “O Jahwèh, salva!”.
- La domanda di spiegazione che fa Maria non è incredulità, ma serve a indicare la sua situazione di verginità, quindi d’impossibilità di concepire senza intervento umano. Anche Maria viene, quindi, a situarsi sulla linea delle donne madri d’Israele (Lc 1,37; Gen 18,14), ma nel contempo, nel segno della sua verginità e non della sterilità, ella indica il passaggio ad una nuova realtà storica, ad una nuova fase della storia della salvezza. Maria non è più la sterile, ma la vergine di Sion, figura del popolo di Dio, che esulta per la visita del suo Signore tra gli uomini (cf. Sof 3,14-18).
- In questa linea, allora, essendo il brano in esame in dittico con l’annunciazione della nascita di Giovanni il Battista a Zaccaria, quest’ultimo rappresenta l’Antico Testamento, mentre Maria rappresenta il Nuovo Testamento. Quando Zaccaria dà prova della sua fede muta, attraverso la scrittura del nome del figlio (v. 63), egli viene immediatamente premiato e può di nuovo parlare, esponendo dinanzi a tutti, col canto del “Benedictus”, il senso della storia della salvezza e soprattutto il significato che essa al presente ha negli eventi che vanno svolgendosi.
- Il cuore della pericope è nei vv. 35-37: alla meraviglia di Maria (è questa l’interpretazione che della domanda di Maria dava il Grotius: “non dubitantis, sed admirantis”), che non riesce a comprendere come da lei vergine possa nascere un figlio, l’angelo risponde con un versetto strutturato su un parallelismo sinonimico: “Lo Spirito Santo scenderà su di te/ e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”: Luca non solo spiega il concepimento verginale, ma fa intravedere in Maria la realizzazione vera dell’arca dell’Alleanza. -
Infine, al v. 38, è descritta l’adesione di Maria alla proposta di Dio: “Maria lo fa con la formula “serva del Signore” che, unica in tutta la Bibbia per una donna, richiama la vicenda di tanti chiamati che avevano accettato di mettersi al servizio del Signore: Abramo, Giacobbe, Mosè, Davide, il Servo sofferente…È il terzo nome attribuito a Maria. Il primo, «Maria», le è dato dagli uomini, il secondo, «kecharitomene», da Dio, e ora il terzo, «serva (doulē) del Signore», se lo dà ella stessa. Mentre Zaccaria ed Elisabetta vengono descritti nel loro atteggiamento irreprensibile di fronte alla legge, Maria viene presentata con nessuna predisposizione morale quasi a dire che il rapporto con Dio ora si basa sulla parola ascoltata e non sull’obbedienza ad una legge”.

Spunti per la meditazione
- Nel racconto dell’annunciazione c’è già sintetizzato il movimento di Dio verso di noi e il modello della risposta umana, che Maria ci offre. Cogliamo da questo testo esemplare la grandezza del mistero della vocazione e la misericordia di Dio che sceglie i piccoli e gli ultimi per realizzare il suo progetto di amore. La prima parola con cui inizia il dialogo è «Rallegrati» (v. 28), l’ultima parola con cui la Vergine sigilla l’incontro è «Eccomi» (v. 38). Possiamo affermare che l’intero percorso vocazionale del credente si estende dal «Rallegrati» all’«Eccomi»: chiamata e risposta, proposta di Dio e consenso dell’uomo, incontro di due libertà che si fondono in un unico progetto di amore.
- Dio entra nella vita dell’uomo portando la gioia profetica della sua parola trasformante (cf. Sof 3,14). Tutto quello che accade, turbamento, chiarimento, senso di impotenza, segno, conferma, rassicurazione ed invito a «non temere», fa parte dell’esperienza che ciascuno di noi copie di fronte alla scoperta del progetto di Dio.
- Quando il Signore decide di entrare e di prendere dimora nella nostra casa, le conseguenze sono in qualche modo descritte nei sentimenti della Vergine di Nazareth. È Lei che ci insegna a ricominciare ogni giorno con il nostro «si», ripetuto poi a Betlemme nel Natale di Gesù, a Gerusalemme, nella fuga in Egitto, nel ritorno alla casa di Nazareth, lungo la strada della predicazione del Regno, a Cana di Galilea fin sotto la croce del Figlio amato.
- Maria, insieme a Gesù, viene ad abitare nella nostra vita e diventa la guida nella nostra ricerca di Dio. Ecco perché nel seguire il Figlio ella abbandona la sua casa di Nazareth e si mette sulla «strada del vangelo», vivendo come prima discepola del suo Maestro (Lc 8,19-21), mentre questi «sale» verso Gerusalemme. All’indomani della risurrezione Maria esercita la sua maternità nei riguardi della sua nuova famiglia affidatale da Figlio morente (cf. Gv 19,25-27). La sua casa è ormai il cenacolo di Gerusalemme e la sua maternità continua a sostenere la comunità cristiana che rinasce dall’effusione dello Spirito Santo (cf. At 2,1-13). Ma anche il cenacolo di Gerusalemme si schiuderà alla missione della chiesa verso gli estremi confini della terra (At 1,8). A partire da quella dimora «dalle porte chiuse», gli apostoli escono con la spinta dello Spirito e vanno verso le abitazioni degli uomini e dei popoli che attendono l’annuncio del Regno.
- Maria è divenuta ormai «la madre» di una casa che non è più definita in un luogo, ma che abita il tempo e le città degli uomini, che ascolta le loro attese e condivide le loro speranze. Come nel cenacolo si ricordano i volti e i nomi degli apostoli «concordi nella preghiera» insieme a Maria e ai discepoli, così la nostra casa ha volti e nomi che oggi condividono l’avventura del vangelo e le meraviglie della misericordia di Dio.
- Questa casa è la Chiesa, comunità dei redenti, di cui la Vergine è il primo frutto. Così il cammino del Risorto procede sulle strade del nostro mondo, attraverso uomini e donne che vivono e lavorano alla edificazione della la famiglia di Dio. Maria rimane la madre della nostra casa ecclesiale, colei che, con l’accoglienza di Gesù, è divenuta nel suo corpo «casa di Dio», continua la sua presenza materna nella comunità dei credenti fino al compimento del tempo.

alcune domande per la riflessione
Anche in questa pagina lucana si ripete il motivo della vocazione. La vocazione di Maria comincia è un invito alla gioia profetica che si compie nel progetto di Dio: vivi la gioia della tua missione di cristiano, donando pienamente te stesso al Signore e alla Chiesa? La Vergine sente le parole dell’angelo come volontà di Dio e non pone resistenza al suo progetto: come vivi la volontà del Signore nella tua quotidianità? Nel progetto di Dio scopriamo anche il nostro progetto di felicità: cosa senti di dover cambiare nella tua vita per realizzare la felicità che Dio vuole per te? Quale Parola ti ha colpito maggiormente? Perché?

Salmo di riferimento Salmo 45 (44)
2Liete parole mi sgorgano dal cuore: io proclamo al re il mio poema, la mia lingua è come stilo di scriba veloce.
3Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Dio ti ha benedetto per sempre.
4O prode, cingiti al fianco la spada, tua gloria e tuo vanto, 5e avanza trionfante. Cavalca per la causa della verità, della mitezza e della giustizia. La tua destra ti mostri prodigi.
6Le tue frecce sono acute – sotto di te cadono i popoli –, colpiscono al cuore i nemici del re.
7Il tuo trono, o Dio, dura per sempre; scettro di rettitudine è il tuo scettro regale.
8Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni.
9Di mirra, aloe e cassia profumano tutte le tue vesti;
da palazzi d’avorio ti rallegri il suono di strumenti a corda. 10Figlie di re fra le tue predilette; alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
11Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;
12il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.

Pasquale Armillotta

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