11. L’amore spera

salmo 16

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
[2] Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene».
[3] Agli idoli del paese, agli dèi potenti andava tutto il mio favore.

[4] Moltiplicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio straniero. Io non spanderò le loro libagioni di sangue, né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.
[5] Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.

[6] Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda.
[7] Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce.

[8] Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare.
[9] Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro,

[10] perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
[11] Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.

Dal vangelo secondo Luca (Lc 19,1-10)
[1] Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando,[2] quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, [3] cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. [4] Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. [5] Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». [6] Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. [7] Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». [8] Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». [9] Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. [10] Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Vivere nell’attesa che possiamo cambiare, che possiamo migliorare mettendoci tutto il nostro impegno, e che gli altri possano cambiare e tirare fuori il meglio di loro, è l’atteggiamento di chi è aperto alla vita e alla sua bontà. Per accogliere il cambiamento nostro e altrui bisogna imparare l’arte della pazienza con i propri tempi e con il tempo degli altri. Questa pazienza si accompagna alla speranza, la alimenta e la fortifica.

Dall’AL
116.  (è la) speranza di chi sa che l’altro può cambiare. Spera sempre che sia possibile una maturazione, un sorprendente sbocciare di bellezza, che le potenzialità più nascoste del suo essere germoglino un giorno. Non vuol dire che tutto cambierà in questa vita. Implica accettare che certe cose non accadano come uno le desidera, ma che forse Dio scriva diritto sulle righe storte di quella persona e tragga qualche bene dai mali che essa non riesce a superare in questa terra.
117. Qui si fa presente la speranza nel suo senso pieno, perché comprende la certezza di una vita oltre la morte. Quella persona, con tutte le sue debolezze, è chiamata alla pienezza del Cielo. Là, completamente trasformata dalla risurrezione di Cristo, non esisteranno più le sue fragilità, le sue oscurità né le sue patologie. Là l’essere autentico di quella persona brillerà con tutta la sua potenza di bene e di bellezza. Questo altresì ci permette, in mezzo ai fastidi di questa terra, di contemplare quella persona con uno sguardo soprannaturale, alla luce della speranza, e attendere quella pienezza che un giorno riceverà nel Regno celeste, benché ora non sia visibile.

Per la riflessione
- Nelle relazioni so attendere e accompagnare con pazienza affinché l’altro/a emerga in tutta la sua bellezza e bontà?
- Molte volte non tutto ciò che desideriamo accade. Pensando a questi giorni, come ho reagito di fronte all’inatteso? Ai desideri forse delusi e alle novità? Riesco a leggere una traccia del passaggio di Dio, che sta provando a dirmi qualcosa di bello?

Preghiamo

Nella prova senti la fragilità e la singolarità dell’esperienza: quasi sempre solitudine; un senso di vertigine non meglio definita perché ambigua, confusa tra l’apice e il suo opposto. Se qualcuno ti sta a fianco e ti sostiene accompagnandoti saprà far da qui riprodurre lo spettacolo che dal bozzolo genera metamorfosi di vita. Ti siamo immensamente grati per la gioia che proviamo nel fare un semplice atto di carità, un gesto di condivisione, un saluto, una parola di conforto, un dono a chi non se l’aspetta, una carezza a un cane o un gatto randagio, perfino nel raccogliere lo sfogo di chi soffre, di chi è diverso, di chi ha tanta rabbia dentro. … Ora sento i miei passi più veloci e più leggeri. Sono pervaso da un’euforia inspiegabile, anche se nulla è cambiato, se i problemi forse, sono gli stessi. All’improvviso, mi sento sicuro, sereno, in pace con me stesso e con gli altri: sono in uno strano stato di “grazia”. Sei tu, o Signore, che hai guidato i miei passi ieri, oggi, e domani. Amen

(dal Libro «Per carità», Caritas Italiana)

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