23. Il matrimonio
Salmo 126
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
[2] Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
»Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
[3] Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
[4] Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
[5] Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
[6] Nell'andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 25-37)
[25]Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». [26]Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». [27]Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». [28]Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».[29]Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». [30]Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.[31]Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. [32]Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. [33]Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. [34]Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. [35]Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno». [36]Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». [37]Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così».
Dal capitolo IX che tratta della spiritualità della coppia offriamo quest’ultimo testo con il quale concludiamo le nostre schede sull’AL. L’amore che da gioia non è quello che si gioca solo tra i due della relazione, ma quello capace di allargarsi per accogliere il desiderio di bene dei circostanti. È l’amore che spinge al dono, alla capacità di fermarsi di fronte al dolore altrui, condividerlo, perché sia alleggerito. L’amore che riempie di gioia è quello del buon samaritano, che superando i confini della razza e della religione è capace di accogliere e di curare un uomo malmenato, a prescindere dal suo passaporto e dalla sua provenienza. Ma senza guardare troppo in là, l’amore che rimane sempre giovane è quello che ci fa attenti al bene possibile di chi ci vive accanto, perché ne diventiamo collaboratori.
Dall’AL
325. Le parole del Maestro (cfr Mt 22,30) e quelle di san Paolo (cfr 1 Cor 7,29-31) sul matrimonio, sono inserite – non casualmente – nella dimensione ultima e definitiva della nostra esistenza, che abbiamo bisogno di recuperare. In tal modo gli sposi potranno riconoscere il senso del cammino che stanno percorrendo. Infatti, come abbiamo ricordato più volte in questa Esortazione, nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare. C’è una chiamata costante che proviene dalla comunione piena della Trinità, dall’unione stupenda tra Cristo e la sua Chiesa, da quella bella comunità che è la famiglia di Nazareth e dalla fraternità senza macchia che esiste tra i santi del cielo. E tuttavia, contemplare la pienezza che non abbiamo ancora raggiunto ci permette anche di relativizzare il cammino storico che stiamo facendo come famiglie, per smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo. Inoltre ci impedisce di giudicare con durezza coloro che vivono in condizioni di grande fragilità. Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa.
Per la riflessione
- Amare significa per un credente impegno nella vita pubblica e sociale per trovare soluzioni ai problemi. Mi interesso alle questioni sociali che vivono le persone che mi sono accanto? Provo ad informarmi criticamente sulle questioni o sono fermo al sentito dire?
- Come abbiamo vissuto la “carità” in questi giorni? Come “fratelli” che hanno condiviso o come “pretenziosi benestanti” che hanno elargito le briciole agli altri?
Preghiamo
Aiutaci Tu, o Signore, a non cedere al carrierismo, al protagonismo, al presenzialismo, e neppure a paralizzarci nell’inerzia, nella burocrazia stanca e ripetitiva. Aiutaci a non esaltarci nell’attivismo sterile, nel moltiplicare iniziative non sostenibili, senza senso né prospettiva. Aiutaci a non creare attorno a noi piccoli o grandi centri di potere, alleanze di amici che combattono nemici con la bocca piena di critiche maligne e la lingua lunga e biforcuta, come quella degli scribi e dei farisei, aiutaci a non diventare sepolcri imbiancati. Aiutaci a non strumentalizzare le cose a nostro favore, neppure indirettamente, neppure lontanamente. Aiutaci a non mercanteggiare il nostro servizio, a non sorridere dei fallimenti altrui, a non vendicarci, a non fare sgambetti, a perdonare anche quando subiamo battute infelici e commenti sprezzanti e ogni sorta di male. Aiutaci Tu, o Signore… Perché la carità è benigna e paziente, non si vanta, non si gonfia, tutto sopporta, tutto crede. Aiutaci ad essere ospitali, a costruire ponti e non muri. Amen
(Dal libro «Per carità», Caritas Italiana)