1 - La terra, serbatoio di bellezza
Il seminatore uscì a seminare. (Marco 4, 3)
La terra è un nido per i semi che aspettano di germogliare. Un rifugio per gli animali che in essa si scavano una tana. Dalla terra viene il cibo che mangiamo. Dovunque ci troviamo possiamo chinarci e raccoglierla in un pugno: perché la terra è la stessa, generosa e potente, per tutti gli uomini del mondo.
San Francesco nel “Cantico delle Creature” scrive così: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta e governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”. È un linguaggio antico, che a noi oggi forse sembra un po’ strano, ma si comprende comunque bene: la nostra Terra è madre, perché offre a ogni creatura cibo e sostentamento, e in cambio chiede solo amore e rispetto.
Quando una persona parla della “sua” terra, intende il luogo a cui è legato il suo cuore, dove ha origine la sua famiglia, dove sente di affondare le sue radici, dove attinge la sua memoria. La terra, infine, è un serbatoio inesauribile di bellezza. Basta avere occhi per guardare, orecchie per ascoltare, fare un po’ di spazio nell’anima. A pensarci bene, da questo sguardo posato sulla terra scopriamo che Dio ci ha fatto un dono che ne comprende molti, come una matrioska (quelle bambole russe ognuna delle quali ne contiene un’altra più piccola). E da qui possono nascere molte ragioni per dire, semplicemente: “Grazie!”. La riconoscenza è un bel sentimento. Ci fa sentire in pace e in armonia. Ma non è sempre così facile. La terra, per esempio, ha anche dei lati oscuri, che ci fanno paura: ci sono le carestie quando le condizioni del clima sono avverse e non riusciamo più ad ottenere nutrimento. Ci sono i terremoti che mandano in pezzi anche le nostre più salde certezze, come la casa. A volte siamo costretti a lasciare la “nostra” terra. Di fronte a certi fenomeni ci sentiamo piccoli e fragili. In tutti questi casi sentirsi grati diventa più complicato, ma è comunque (non dobbiamo scordarlo mai) una sfida che possiamo vincere.
2 - L'acqua: qui la vita prende il largo
Sulla tua parola getterò le reti. (Luca 5,5)
Vi è mai capitato di attraversare un ponte, di fermarvi proprio al centro e di guardare giù per osservare l’acqua di un fiume? Sembra quasi che la corrente vi porti via. L’acqua è trasparente, limpida, chiara. Secondo il Cantico di San Francesco sorella acqua è “utile e humile et pretiosa e casta”. Umile, perché “manca” di molte cose: non ha colore, sapore, forma. Eppure non solo è utile e preziosa, ma essenziale, perché è proprio lei a rendere possibile la vita sulla terra. Basti pensare che il corpo umano è composto d’acqua per oltre il 50%.
L’acqua rappresenta anche una sfida. Gli antichi navigatori sognavano di superare le Colonne d’Ercole per varcare i confini del mondo conosciuto, Cristoforo Colombo partì con le sue caravelle per cercare una nuova via verso le Indie (e scoprì l’America). Ancora oggi ci sono grandi viaggiatori che prendono il largo da soli su una barca a vela per sperimentare, solcando l’acqua, i propri limiti. L’acqua è così presente nella nostra vita che a volte noi la diamo per scontata, ma ci sono tante popolazioni che ne hanno pochissima: è vietato sprecarla.
Si dice a volte “uno specchio d’acqua” per definire un lago o uno stagno, perché è vero, in essa ci si può specchiare e trovare, magari, qualcosa di noi che prima non sapevamo. In un celebre mito greco, Narciso per una punizione divina si innamora della sua stessa immagine riflessa e annega nel tentativo di raggiungerla. Quando si cerca qualcosa attraverso l’acqua, dunque, bisogna stare attenti: il riflesso può spesso ingannarci. L’acqua può nascondere anche pericoli: quando non sappiamo nuotare, quando è molto profonda, quando si attorciglia in vortici, quando è smossa da vento, pioggia e tempeste, quando esce dagli argini e cancella tutto ciò che incontra sulla sua strada, quando manca, nei periodi di siccità, quando cade tutta insieme in “bombe d’acqua”, quando le navi naufragano e diventa una tomba.
3 - L'aria, dove ci porta...
Salì sulla barca con loro e il vento cessò. (Marco 6,51)
L’aria non si vede, ma è dappertutto: riempie il cielo, sta intorno ad ogni cosa. Entra ed esce da noi quando respiriamo. Possiamo catturarne un po’ e darle forma gonfiando un palloncino. Sentirne la forza quando facciamo volare in alto un aquilone.
È un mezzo di trasporto potentissimo: quando parliamo, quando cantiamo, quando usiamo uno strumento musicale è l’aria che sostiene e trasmette il suono. Ma queste vibrazioni si estinguerebbero in fretta se non ci fosse qualcuno pronto ad ascoltare.
L’aria è sempre in movimento: se il fornaio cuoce il pane fa arrivare il profumo fino alle nostre narici; è sempre lei, poi, ad aiutare gli insetti a trasportare il polline da un fiore all’altro, a riversare i semi e le foglie sulla terra.
L’aria crea legami e relazioni tra le persone e le cose. Quando un neonato piange, c’è sempre una mamma pronta ad ascoltare le sue urla e ad accoglierlo tra le braccia: da solo non può sopravvivere.
Dall’aria possiamo imparare quindi delle qualità importanti per essere buoni custodi del Creato: entrare in rapporto con gli altri e con la natura, ascoltare, rispettarne le esigenze. Non sempre, infatti, i bisogni della natura corrispondono ai nostri: anche per questo è fondamentale aprire gli occhi e spalancare orizzonti nuovi.
Anche l’aria, però, non è sempre dolce e benefica: si trasforma in vento, vortice, uragano. Spinge le vele, ma può anche spezzarle. Gonfia e increspa le onde, ma alimenta le tempeste. Quando è calda asciuga il bucato, quando è molto fredda può farci ammalare. Attraversa i deserti dell’Africa e porta la sabbia lontano, fino all’Europa, all’Italia, alle nostre case. Misteriosa, invisibile, eppure sempre presente nella nostra vita. E proprio perché non si vede, non si tocca, non si può controllare, può farci anche paura. Così accade anche con le altre persone, che possono essere una ricchezza per noi quando diventano amiche, ma ci spaventano se non le conosciamo.
4 - Il fuoco che ci unisce
Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. (Atti 2,2)
Un focolare, in un linguaggio antico che ormai abbiamo dimenticato, corrispondeva a una casa, una famiglia. Un gruppo di persone radunate intorno a un fuoco: il posto dei racconti, dove ci si scaldava non soltanto nel corpo, ma anche nel cuore, grazie alle parole, pronunciate in un modo che confortava, incuriosiva, rallegrava, uno spazio per stare insieme, vicini, alla fine della giornata.
Quante cose fa il fuoco per l’uomo: gli offre luce, cuoce il cibo, modella il vetro e i metalli, crea energia e calore nelle aziende, nelle botteghe artigianali, nelle case (pensiamo alle stufe e ai caminetti). Ancora oggi intorno al fuoco, intorno alla luce di una candela si raduna una comunità. Ecco perché il fuoco è l’elemento giusto per allenare un bravo custode alla comunione, all’unità, agli incontri che trasformano: quelli importanti, che ci cambiano nel profondo (proprio come l’impasto crudo ma ben lievitato, accostato al fuoco, diventa una forma fragrante di pane). Quando si entra a far parte di un gruppo, di una comunità, è un po’ come se diversi ingredienti si mescolassero, per dare vita a un piatto speciale e diverso, in cui tutti i sapori si fondono in modo armonioso. Allo stesso modo noi cambiamo un po’ noi stessi, il nostro modo di essere, i comportamenti che abbiamo nei confronti degli altri per diventare noi stessi “luce”, come se il fuoco potesse in qualche modo forgiarci, come fa con i metalli. Il fuoco è quindi qualcosa che ci attrae, ci unisce e ci trasforma: come tale va custodito e condiviso.
Anche il fuoco, come gli altri elementi, nasconde dei rischi: può sfuggire al controllo, se nessuno lo alimenta può spegnersi, può causare dei danni, può essere piegato a scopi malvagi, oppure, se usato bene, può diventare uno strumento di difesa, e ancora trasformarsi in energia buona che accende la speranza. Ognuno di noi ha il fuoco nel cuore: uno slancio forte, un insieme di passione ed entusiasmo che può essere messo a servizio della comunità per creare un futuro migliore per tutti.
Primi! A Lesignano Bagni, Traversetolo vince i giochi dei gruppi estivi degli oratori; battendo Sala Baganza, Fornovo, Collecchio, Felino, S.Andrea Bagni e Felegara
Il Grest è finito, ciao..ciao e buone vacanze.....
Murales nel Campo Giochi della Parrocchia, realizzato dal Sig. Spada