Dove va la Chiesa?
Camminiamo in un faticoso e accidentato deserto, nella calma del giorno e nell'oscurità della notte

Una Chiesa stanca e ancora mondana è il titolo di un editoriale di Enzo Bianchi, della Comunità di Bose, riportato dalla rivista “Vita Pastorale” di questo mese di giugno 2019, che invita ad una riflessione. Il testo inizia con un riferimento: “San Basilio, il grande padre della Chiesa del IV secolo, poco prima di morire scrisse il De judicio Dei, un testo breve ma munito di grande autorevolezza, un testo pieno di parrhesia, con il quale denunciava la situazione patologica che le Chiese stavano attraversando. Basilio osservava il “disaccordo tra i vescovi delle Chiese”, partecipava al turbamento sofferto dal gregge di Dio, constatava la stanchezza e la tiepidezza di molti cristiani.
E, soprattutto si interrogava sul motivo di tante divisioni, discordie e accuse tra le Chiese di Dio”.
Questo testo, prosegue Enzo Bianchi, è di estrema attualità: anche oggi viviamo una situazione ecclesiale caratterizzata da “giorni cattivi”. Oggi non si vive bene nella Chiesa … si respira un’aria avvelenata. Molti, tra quelli che sono più coscienti della vita ecclesiale, si dichiarano stanchi, addirittura depressi. Oltre che delusi per aver nutrito speranze che appaiono ora soltanto illusioni. Motivandone poi le cause, riferisce alla mondanità della Chiesa una forte responsabilità sottolineata dalle stesse parole dei fedeli: è venuta meno la “differenza cristiana”, quella possibilità di non fare “come fan tutti”. Sembra che il Vangelo non abbia più il primato nell’ispirare pensieri, sentimenti e azioni. Questa mondanità impedisce l’ascolto delle parole di Gesù, si contestano vescovi e presbiteri che ricordano alla comunità cristiana la presenza del povero, del migrante, degli scarti della società: non si contesta così solo la Chiesa ma il Vangelo. Le basi poi della contestazione, specie in alcuni, vertono sul sottolineare un’identità cristiana “nazionale”, frazionando l’unione indistinta espressa dal Vangelo stesso.
In tutto questo hanno certo pesato gli scandali che hanno colpito ultimamente la Chiesa scatenando una vera “pretofobia”, paura, sospetti, sfiducia nei confronti della funzione educativa del sacerdote. Una realtà questa più mediatica che altro se si considerano i soggetti coinvolti rispetto al numero degli ecclesiastici. Resta comunque una colpa che non deve però escludere la misericordia di Dio.
Anche l’opposizione allo stesso papa Francesco, delegittimato come Papa da una minoranza tradizionalista, che minaccia addirittura uno scisma, non implica minor scandalo. L’opposizione a papa Francesco incentrata specie sull’Amoris laetitia e la disciplina sull’indissolubilità del matrimonio e la vita ecclesiale dei coniugi divorziati, torna ad infiammarsi tutte le volte che il papa invoca misericordia verso tutti, specie per chi ha sofferto e soffre situazioni personali sconvolgenti.
L’intento del papa non è “eretico” come qualcuno vorrebbe far credere, anzi, è tutt’altro. Egli vuole conferire l’egemonia e il primato al Vangelo nella vita della Chiesa per renderla conforme alla volontà di Cristo.
Oggi – conclude Enzo Bianchi – dobbiamo essere consapevoli che la Chiesa ha iniziato un esodo del quale per ora non si intravede la terra di arrivo. Camminiamo in un faticoso e accidentato deserto, nella calma del giorno e nell’oscurità della notte. A volte ci pare di essere una carovana che procede incerta, mentre molti di quanti la compongono la lasciano o addirittura la fuggono, come accade per la comunità di Gesù nei giorni della sua uccisione ignominiosa. Che cosa ci resta da fare come assoluto necessario? Nel cuore di chi aderisce al Vangelo e tenta di restare discepolo di Gesù, c’è una sola risposta: celebrare e vivere l’eucarestia … Gesù Cristo è con noi, noi entriamo in comunione con lui e viviamo della sua stessa vita, noi cadiamo e ci alziamo, cadiamo ancora e ci alziamo ancora. È il mistero della resurrezione!
Fiducia e fede, si potrebbe aggiungere, non devono e non possono vacillare in chi si sente cristiano. Eppure questo accade e con frequenza. Dipende solamente dagli “scandali” o c’è qualcosa d’altro? Il cristiano “comune” è spesso come un convalescente che, dopo tante diagnosi autorevoli seppur diverse, ha scampato il pericolo, ma poi si sente in colpa per chi non è ancora guarito. Cerca di fare quello che può per aiutare ma il più delle volte lo si pone sotto accusa per la sua fortuna.
E così, mentre l’attenzione è rivolta sempre ad altri, lui si scoraggia, si genera sensi di colpa e si deprime.
Gli si dice di rimanere saldo e fiducioso, ma quelle che erano le sue certezze ieri sono oggi mutate: tutto si interpreta tutto si può rivestire di luce diversa pur proveniente dalla stessa fonte. Chi ha cura oggi del cristiano “comune”? Chi lo accusa senza guardare se stesso? Chi pretende misericordia ma non ne ha costruito le basi? Chi strumentalizza ogni occasione a proprio vantaggio creando confusione e dissidi?
In tutto ciò c’è forse un solo antidoto, c’è una sola risposta: celebrare e vivere l’eucarestia, ma di questo la prima ad esserne convinta deve essere la Chiesa.