Mercoledì della Seconda Settimana di Avvento (Anno A)
Sant’Ambrogio

1) Preghiera
O Dio, che nel vescovo sant’Ambrogio ci hai dato un maestro della fede cattolica e un esempio di apostolica fortezza, suscita nella tua Chiesa uomini secondo il tuo cuore che la governino con coraggio e sapienza.
Ambrogio (Treviri, Germania, c. 340 - Milano, 4 aprile 397), di famiglia romana cristiana, governatore delle province del nord Italia, fu acclamato vescovo di Milano il 7 dicembre 374. Rappresenta la figura ideale del vescovo, pastore, liturgo e mistagogo. Le sue opere liturgiche, i commentari delle Scritture, i trattati ascetico-morali restano memorabili documenti del magistero e dell’arte di governo. Guida riconosciuta nella Chiesa occidentale, in cui trasfonde anche la ricchezza della tradizione orientale, estese il suo influsso in tutto il mondo latino. In epoca di grandi trasformazioni culturali e sociali, la sua figura si impose come simbolo di libertà e di pacificazione. Diede particolare risalto pastorale ai valori della verginità e del martirio. Autore di celebri testi liturgici, è considerato il padre della liturgia ambrosiana.
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2) Lettura: Isaia 40, 25 - 31
«A chi potreste paragonarmi, quasi che io gli sia pari?» dice il Santo.
Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato tali cose? Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito e le chiama tutte per nome; per la sua onnipotenza e il vigore della sua forza non ne manca alcuna.
Perché dici, Giacobbe, e tu, Israele, ripeti: «La mia via è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio»? Non lo sai forse? Non l’hai udito?
Dio eterno è il Signore, che ha creato i confini della terra. Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile. Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.
3) Commento su Isaia 40, 25 - 31
"Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi". (Is 40, 29-31) - Come vivere questa Parola?Ma che significa sperare nel Signore? Avrà un senso? O sarà solo un modo di dire, tanto per spostare nel tempo la risoluzione di un problema, non riuscendo a dare un significato al presente? Proviamo a dare spessore a questa espressione.
Sperare è vedere "già" quel che ancora non c'è. Sperare è trovare il modo di resistere tra questo "già" e "non ancora". È fare delle, magari poche, certezze acquisite l'energia per andare avanti. Sperare è intuire come andrà a finire e imparare a dare il giusto peso alle fatiche, agli errori. Perché anche i giovani faticano, anche gli adulti sbagliano. Sperare è saper attendere che quell'intuizione si realizzi. Sperare è condividere con Dio ogni giorno e discernere con lui, nelle cose che accadono "come" e "se" questa possa confermarsi, realizzarsi. Con pazienza, con coraggio, senza timore, senza preclusioni. Questo permette di riacquistare la forza, per affrontare anche il non senso.
Signore, ti preghiamo per le persone più scoraggiate e deluse, per quelle arrabbiate perché trattate ingiustamente, per chi cinicamente non vuole più investire nella bellezza dell'umanità, che è la tua bellezza.
Ecco la voce di papa Francesco: Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l'unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l'uniformità e l'omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa. (...) Si tratta di una prospettiva di speranza, ma al tempo stesso faticosa, in quanto è sempre presente in noi la tentazione di fare resistenza allo Spirito Santo, perché scombussola, perché smuove, fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Ed è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate.
Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri? [...] Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi. - Come vivere questa Parola?
C'è, nella prima lettura di oggi, un invito a puntare lo sguardo sulla magnificenza onnipotente di Dio. Ci aiuta ad avere di Lui un'idea grande e non rattrappita in piccole fantasie su misura delle nostre capacità immaginative. Proprio perché è grande e potente, Egli si rivela, nel Vangelo, il misericordioso ad oltranza: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò". Il cammino d'Avvento è questo prendere sempre più coscienza che su Dio ognuno di noi può contare. Per quello che è, per quello di cui necessita, qui e ora, dentro le fatiche delle nostre giornate. Proprio il Dio grande e onnipotente di cui parla il profeta Isaia nella prima lettura, rivela l'onnipotenza del suo amore in modo strano: nel prendere la nostra natura con i suoi limiti e fati-che.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi renderò conto che Dio in Gesù ha voluto perdere, per così dire, la sua onnipotenza per farsi mite e umile nella sua umanità in tutto simile alla nostra, tranne che nel peccato. E coglierò che proprio in forza di questo suo farsi umile amore mi comunica forza, coraggio, capacità di speranza e indicazione concreta per un cammino di rinnovamento spirituale. Verbalizzerò: "Gesù, tu che sei umile e mite di cuore, rendimi come te dentro il mio cuore".
Ecco la voce di un poeta orientale Rabindranath Tagore: Eccomi a te, mandato da Lui. Io sono il messo di colui che è la stessa bellezza, la cui anima è la suprema felicità dell'amore. Egli non ti ha dimenticato, ed ha gettato un ponte per raggiungerti nell'isola dove sei confinato, e liberarti al più presto.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 11, 28 - 30
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
5) Riflessione sul Vangelo secondo Matteo 11, 28 - 30
Venite a me.Attraverso i mezzi di comunicazione abbiamo seguito passo dopo passo il viaggio del Papa nei paesi di Centro Africa. Dinanzi ai suoi sguardi si presentavano situazioni di povertà definite degradanti dell'essere umano, là dove le bestie, anche feroci e pericolose dei parchi, hanno servizi di assistenza, negati a tanti nostri fratelli. Credo che le scene di miseria e di povertà che si presentavano ai suoi occhi, oggi, in quelle regioni, siano molto simili a quelle che si presentavano a Gesù nella Palestina. Penso con quanta misericordia Egli guardasse i malati, i lebbrosi esclusi dalla convivenza umana, i bambini seminudi, gli anziani lasciati soli, le persone soggiogate a ingiustizie e ad abusi da prepotenti. Dinanzi a questa desolante visione, così vivamente presente ai suoi occhi, dal suo cuore, pieno di misericordia, esce fuori l'invito che ci riferisce il breve brano di vangelo. "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò". Quale ristoro egli offre? Anzitutto illumina la mente e apre il cuore all'accettazione della sofferenza con lo stesso spirito con cui egli accetterà la sua croce e la morte, come tempo di semina condotta nelle lacrime, ma piena di gioia nella raccolta. Inoltre invita a mettersi alla sua sequela, con mitezza e umiltà, per rendersi capaci di accogliere con sentimenti di pazienza, dolcezza e perdono anche le situazioni ingiuste e ingrate, senza lasciarsi dominare dalla reazione naturale che induce all'odio, alla vendetta, a sentimenti di ostilità. Il dominio su questi sentimenti dona tranquillità alla mente e pace al cuore. Sia motivo di preghiera di preghiera di grazia per noi.
"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11, 28-30) - Come vivere questa Parola?
Il contesto dei capitoli 11 e 12 di Matteo sottolinea e mette in rilievo il fatto che i poveri, i piccoli sono gli unici a capire ed accettare la sapienza del Regno, o meglio quei piccoli e quei poveri che hanno il coraggio di non lasciarsi ingabbiare dai propri ragionamenti ed entrare in una logica diversa, una logica "divina" data da due atteggiamenti: umiltà e mitezza.
Gesù infatti indica la mitezza e l'umiltà come gli unici atteggiamenti da imparare da Lui stesso. L'umiltà come qualità fondamentale dell'amore, quella che stima l'altro superiore a se stesso e sa mettersi al posto giusto. La mitezza come la qualità "del perdente".
Senza umiltà e mitezza non c'è amore, esiste solo prepotenza. L'umiltà e la mitezza sono la Sapienza dell'Amore ed entrare dentro la mitezza e umiltà è un dono, un dono soprattutto da implorare nella preghiera.
Gesù mite e umile di cuore, rendi il mio cuore simile al Tuo!
Preparami il cuore al Tuo Natale!
Ecco la voce di Benedetto XVI (Angelus 3 luglio 2011): Gesù promette di dare a tutti "ristoro", ma pone una condizione: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore". Che cos'è questo "giogo", che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il "giogo" di Cristo è la legge dell'amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12). Il vero rimedio alle ferite dell'umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull'amore fraterno, che ha la sua sorgente nell'amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell'arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Anche verso l'ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole "mitezza". Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell'uomo.
Cos’è il giogo? Il giogo è un dispositivo, concepito fin dall'antichità per la trazione animale, che, applicato alla parte anteriore del corpo di uno o più animali da tiro, ne permette la sottomissione. Come giogo si intende anche la condizione di assoggettamento a qualcuno. Si dice infatti: imporre un giogo! Quindi da questo deduciamo che Gesù nel vangelo parlando di giogo ci chiede una sottomissione a lui. Infatti ci dice: prendete il mio giogo sopra di voi.
Bene. Ora però questo giogo però non è pesante, non è opprimente. Anzi dice Gesù che è un giogo dolce. Non è il giogo imposto dagli scribi e dai farisei e dai dottori della legge che "percorrono il mare e la terra per fare un solo proselito e lo rendono figlio della Geenna” e che "caricano gli uomini di pesi insopportabili e loro non li toccano neppure con un dito”. Il giogo di Gesù è invece dolce.
Gesù invita stanchi e oppressi a prendere il suo giogo. Come dire: lasciatevi sottomettere da me, allora troverete ristoro. Ma gli uomini non si vogliono sottomettere a Dio. Rivendicano la loro libertà, la loro autonomia. Non hanno voglia di portare nessun giogo. è così che invece si ritrovano a perdere tutto perché diceva Dostoevskij: chi non si inginocchia di fronte a Dio si inginocchierà inevitabilmente di fronte agli uomini.
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6) Per un confronto personale
- Preghiamo perché il Signore sostenga la sua Chiesa, la renda forte nella debolezza, libera nella schiavitù, fedele nella tentazione?
- Preghiamo perché i governanti del mondo si facciano carico delle istanze evangeliche e operino in favore degli oppressi e degli emarginati?
- Preghiamo perché chi soffre raccolga l'invito del vangelo a trovare ristoro e conforto nel Signore? - Preghiamo perché questa comunità cerchi sempre tempi e modi per alleviare le sofferenze dei fratelli?
- Preghiamo perché ogni uomo scopra il valore profondo del lavoro come partecipazione all'opera creatrice di Dio, come strumento per la propria realizzazione e come aiuto alle necessità dei fratelli?
- Preghiamo per chi pensa di essere dimenticato da Dio?
7) Preghiera finale: Salmo 102
Benedici il Signore, anima mia.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.