Illuminare per vedere
Riflessioni in occasione della nuova illuminazione della chiesa di San Donnino a Castione de’ Baratti
Scrive san Giovanni (1Gv 1, 5-7):
“Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c'è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato”.
Con questa espressione (Dio è luce e in lui non ci sono tenebre) san Giovanni indica ciò che Dio è.
Dire che Dio è luce non è offrire all’attenzione dell’ascoltatore una definizione astratta, ma definire l’operare di Dio nel suo rivelarsi. La luce, in Dio, parla della sua conoscibilità ed è come se san Giovanni dicesse che d’ora in poi Dio non resta più un mistero nascosto, ma un mistero chiarificato. Questo avviene nel ministero di Gesù che rimuove le tenebre quali primigenie manifestazioni del peccato.
Ma cos’è la luce? Quale simbolo racchiude nel suo permetterci di vedere?

La luce è simbolo di una nuova nascita
Nel Credo – il simbolo Nicenocostantinopolitano – noi affermiamo: “Credo in un solo Signore Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre”. Confessando questa fede affermiamo un fatto inaudito, ma reale. Il Padre prima di tutti i secoli ha un Figlio. È qualcosa di nuovo e di inaccessibile che è successo in Dio prima del tempo. Questa novità è una generazione.
Ma in termini di nascita si parla ancora per gli stessi uomini e per lo stesso Gesù Cristo. Di Maria, infatti, il giorno di Natale si dirà che diede alla luce il suo figlio primogenito.
Di Dio che è luce, dobbiamo quindi affermare il suo rendersi visibile. In questo suo rendersi visibile Dio chiama ciascuno ad uscire dalle tenebre e ad entrare alla sua presenza (camminiamo nella luce).
La luce è conoscenza
Di Gesù Cristo, attraverso il contributo della Sacra Scrittura, i padri della Chiesa affermeranno che è sapienza del padre. Il conoscitore pieno e perfetto come sostiene egli stesso:
“Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Padre lo voglia rivelare”.
Ebbene, molte volte diciamo che esiste la vita cristiana, ma forse non altrettante volte affermiamo che la vita cristiana è anche sapere, cioè conoscenza di Cristo e di Dio Padre. Eppure la vita è proprio questo. Vivere è infatti un imparare a vivere. Vivere è stare alla scuola della vita. E se la nostra vita è in Dio che è Luce, vivere significa un venire continuamente alla chiarezza di se stessi. È un essere chiari con se stessi nella luce di Dio.
La luce è confronto
Dio, che san Giovanni definisce impiegando la simbolica della luce, ha proprio questo di caratteristico, cioè di metterci a confronto con ciò che diciamo e con ciò che facciamo.
“Se diciamo che siamo in comunione con Lui e camminiamo nelle tenebre mentiamo e non mettiamo in pratica la verità” (1 Gv 1,6)
Il confronto che la luce provoca diventa innanzi tutto disamina e disapprovazione. San Giovanni esprime questa disapprovazione impiegando due verbi in particolare: mentiamo / non mettiamo in pratica la verità. Dall’impiego di questi due verbi risulta che Gesù Cristo, nelle qualità di via, verità e vita, ha in se stesso l’esigenza dell’essere praticato. Il Cristo di san Giovanni, esige cioè di essere “fatto”, di essere “vissuto”. L’operare umano, quindi, non ha altro scopo se non quello di rendere visibile Gesù Cristo. Ma per fare questo dobbiamo porci in un aperto faccia a faccia con Dio. Confrontarsi, in fin dei conti, significa proprio questo: stare a viso scoperto dinanzi a Dio.
La luce è vita
Il segno più evidente della presente definizione della luce, lo verifichiamo con le piante che sono nelle nostre case o nei nostri giardini, nei campi e nei boschi. Senza luce muoiono! Dio, compreso attraverso il criterio della luce, si mostra di conseguenza come “il vivificante”. Ne consegue che: come le piante senza la luce muoiono, così l’uomo senza Dio.
La luce è comunione

Scrive San Giovanni:
“Ma se camminiamo nella luce come Egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri”.
Ma cos’è questa comunione che la luce realizza?
La comunione non è assenze di guerre o di lotte. La comunione è un sentirsi partecipi gli uni degli altri. Essere in comunione, inoltre, implica che si sia responsabili fino in fondo dei propri compiti. Ma per responsabilizzarsi non c’è via migliore se non quella di pensare e di parlare con gli altri. Di conseguenza essere in comunione significa compiere il proprio incarico non sopra gli altri, non sotto gli altri, non contro gli altri, ma con gli altri. È uno stare fianco a fianco. Ma tutto questo lascerebbe le nostre persone in una relazione ancora troppo esterna. La comunione invece è una realtà che tocca il profondo di ciascuno di noi. Per questo credo che si debba dire: essere in comunione significa entrare nel mondo di chi mi sta a fianco. Si tratta di partecipare fino in fondo agli avvenimenti interni di ogni essere umano. È un partecipare del mondo interiore, del modo di pensare, del modo di volere, del modo di amare, del modo di agire, ecc. … di chi sta dinanzi a me.
Ciò non di meno, anche la comunione è una meda-glia con due facce. Se la “testa” della moneta poteva es-sere rappresentata dal comportamento attivo (entrare nell’altro, un partecipare fino in fondo agli avvenimenti interni di una persona. Partecipare al mondo interiore, al modo di pensare, di volere, al modo di amare, al modo di agire), la “croce” è un lasciare che chi mi sta a fianco parli, dialoghi con me; che chi mi sta a fianco possa compiere il suo incarico con me. Si tratta di lasciare che l’altro possa entrare in me partecipando al mio modo di pensa-re, al mio modo di volere, al mio modo di amare, al mio modo di agire, ecc. …
Ma perché questa comunione è necessaria?
San Giovanni nella sua prima lettera ci offre quanto di meglio vi sia per individuare la soluzione al problema. Scrive infatti:

“Ma se camminiamo nella luce, come Egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo figlio, ci purifica da ogni peccato.”
Ciò che la comunione crea, quindi, è ciò che in molti casi tutti chiediamo, cioè la purificazione da ogni peccato. La luce che crea la comunione è quindi segno di salvezza e di piena libertà.
P. Antonio Ciceri