San Martino in Traversetolo
Sit pax intranti, sit gratia digna precanti
La chiesa parrocchiale di Traversetolo, dedicata a san Martino vescovo di Tour, è edificata nella parte alta del centro abitato, su di un terrapieno sostenuto per tre lati da un muro di contenimento. Scarse sono le notizie riguardanti l’originario tempio che una testimonianza conservata nell’archivio parrocchiale farebbe risalire all’VIII secolo . La località Traversitulo compare nella documentazione medievale a partire dal 991; è anche per questo che possiamo supporre che la sua pieve sia quella di San Martino citata nell’Ordo Archipresbiterorum Plebium del 1004, che attesta un Gerardo come arciprete.
Una possibile ricostruzione del primo tempio la si può far risalire tra l’XI e il XII secolo quando il territorio vedeva la presenza dei Baratti, potenti signori consanguinei degli Attonidi di Canossa e di Sigifredo II vescovo di Parma. Ad attestare questo edificio rimangono pochi reperti: la lunetta dei leoni, un capitello e, fino a pochi anni fa, alcuni frammenti del tralcio di vite che decorava la strombatura del portale maggiore; a questi si possono aggiungere altre testimonianze deducibili da documenti d’archivio.
La pianta originaria della pieve si sviluppava longitudinalmente secondo un asse ovest – est; l’ingresso era collocato ad occidente e l’altare ad oriente. Era suddivisa in tre navate mediante quattro pilastri che sostenevano probabilmente una copertura a doppio spiovente nella navata centrale e a spiovente unico in quelle laterali che erano più basse; le navate terminavano con tre absidi parallele. Sotto la zona presbiteriale sopraelevata e parte della navata centrale, era collocata la cripta con copertura a crociera.
Il portale d’accesso, sul lato ovest, era preceduto da un portico a tre luci. Il materiale di costruzione era la pietra arenaria; alcuni conci squadrati sono stati recuperati ed inseriti nei muri perimetrali al momento della ricostruzione dell’edificio nel Novecento. Tracce del muro primitivo sono visibili esternamente nella zona absidale.
Tra il XIV e il XV secolo l’edificio subì alcune modifiche nella zona presbiteriale: venne probabilmente innalzata la torre campanaria e, conseguentemente ai lavori, venne spostata la mensa.
Nel corso del secolo XVI nella plebana di Traversetolo fiorirono le confraternite: quella del Santissimo Sacramento, la più antica, il Consorzio dei vivi e dei morti e la confraternita della Beata Vergine della Concezione. Per volontà di queste associazioni di fedeli, ma anche di singole famiglie, tra il Cinquecento ed il Seicento si ha il sorgere di nuove cappelle: quella della Beata Vergine della Concezione, costruita esternamente alla chiesa, sul lato nord, poi collegata alla navata laterale con lo sfondamento del muro perimetrale, e la costruzione, più tarda, di un arco di raccordo; quella del Suffragio, edificata ex novo, sempre sul lato nord, alla sinistra della Cappella della Concezione; quelle del S.S. Rosario e di Sant’ Antonio da Padova, ottenute nelle due absidi a lato del presbitero. Questi interventi di abbellimento dell’edificio sacro stridevano in modo evidente, secondo la testimonianza dell’allora arciprete Don Silvestro Canossa, col vetusto edificio romanico; così, cercando il sostegno della popolazione, si diede inizio alla ristrutturazione dell’intero edificio, completata nel 1669. In questa occasione venne alzata la chiesa con la sostituzione di pilastri alle originali colonne e rifatta la copertura con crociere; la facciata venne pure rialzata e trasformata da saliente a capanna. Anche la zona presbiteriale subì modifiche: venne spostata la mensa ed installato l’altare in legno dorato, tuttora conservato sul fondo del presbiterio; venne ampliato il coro ed alzato il campanile; le bifore per la presa di luce vennero sostituite da un’ampia monofora ed inoltre venne installato l’orologio. L’edificio assunse l’aspetto di un sobrio tempio barocco, completato poi con la costruzione della sagrestia, alla destra della cappella della Concezione. Risale invece alla metà del Settecento l’acquisto di un organo e la realizzazione della cantoria, posta in parete sopra il portale d’accesso.
Nel corso del secolo XVIII l’edificio sacro non subì notevoli modifiche; venne conclusa, arredata ed affrescata la nuova sacrestia e, nel 1767, venne rifatto l’intonaco esterno in facciata. Nel 1820 l’antico cimitero che occupava parte del sagrato venne trasferito nel nuovo cimitero costruito nel Campo dei Baratti lungo la strada che conduce a Cevola. Nel 1832, sul sagrato, a fianco della facciata della chiesa, venne edificata una cappella sepolcrale per i sacerdoti. Nel 1841 il Comune diede inizio ai lavori di rifacimento della piazza del mercato (l’attuale piazza Vittorio Veneto) e questo comportò l’abbassamento del piano di pavimentazione della piazza stessa e conseguentemente si rese necessaria l’edificazione di una nuova rampa di scalini che immettesse dalla piazza al sagrato. Nel 1862 anche il sagrato venne abbassato e si rifecero il muro di cinta e la facciata della chiesa, in questa occasione si distrusse l’antichissimo nartece con conseguente allungamento delle navate verso occidente. Nel 1903, dopo lunghe e sofferte discussioni all’interno dell’Opera Parrocchiale, si concretizzò la volontà di rifare l’antico campanile; tra i progetti presentati, venne scelto quello ideato dall’architetto Uccelli. I lavori furono conclusi nel 1906, anno in cui la nuova torre, l’attuale, venne inaugurata alla presenza di Mons. Magani. Nel 1920, in seguito ad una forte scossa di terremoto che aveva danneggiato vistosamente la chiesa, prese corpo l’idea del rifacimento dell’intero edificio: la chiesa venne quasi completamente demolita e rifatta secondo il progetto dell’architetto Provinciali. Ne uscì l’edificio attuale, in stile Bizantino, tendente a riproporre l’essenzialità dell’architettura cristiana delle origini. Il nuovo edificio venne inaugurato il 3 agosto 1929 alla presenza di Mons. Conforti; ma i lavori all’interno proseguirono fino al 1935 con il completamento della zona absidale, la collocazione del nuovo organo nel coro e l’affresco del Cristo Pantocrator eseguito dalla scuola del Beato Angelico di Milano. Ulteriori modifiche interne all’edificio si devono a Mons. Affolti il quale volle realizzare una nuova cappella battesimale riducendo quella del Suffragio, ed ottenere, sempre nella stessa zona a fianco della cappella della Madonna, un locale per l’archivio storico ed uno per la centrale termica del nuovo impianto di riscaldamento. Tra gli anni 1960/1967 la zona presbiteriale subì ulteriori modifiche: venne rimosso l’altare costruito nel 1928 e collocata la nuova mensa e vennero soppressi gli altari laterali al presbiterio per far luogo alle canne del nuovo organo. Il completamento dell’arredo presbiteriale fu compiuto da Don Spagnoli negli anni 1978/ 1980, con la realizzazione del seggio marmoreo e dell’ambone.
Di particolare interesse artistico è la cappella della Vergine la cui cupola conserva importanti affreschi attribuiti al pittore Antonio Bernabei di Parma e alla sua scuola, eseguiti nei primi anni del Seicento. Al centro della cupola è rappresentata la Vergine Assunta tra angeli e santi; nei pennacchi sono raffigurati san Girolamo, sant’Ambrogio, sant’Agostino e san Gregorio Magno.
A fianco della chiesa, con accesso dal sagrato, si trova la canonica.
La presenza di una canonica affiancata alla chiesa di san Martino è sicuramente molto antica, anche se una sua prima descrizione risale solamente al 1653 in un inventario dell’allora parroco don Silvestro Canossa: V’è la canonica con quattro stanze, l’andito nel mezo, il guardacucina con i tasselli di sopra tutti pianellati ne travetti, di sotto pianellate dell’asse. Le stanze più grande e l’andito con sopra il volto e l’altra nell’asse solo, e sotto dette stanze, vi sono le comodità per le tine, botti legna ed altre necessario con il pozzo, forno e alli ussi e finestre delle stanze vi sono le sue serraglie con chiavi e cadenazzi come di sotto vi sono le sue serralie e ferrate alle finestre, d’ottensili vi sono tre scrani di noce, solij con tre piedi. Attacco alla detta Canonica vi è una biolca di terra lavoria erborata et avidata a cui confinano da una le ragioni dell’Illustrissimo signor Conte Borromeo, la via comune e don Silvestro Canossa.
Negli anni seguenti la canonica mancò di particolari cure, tanto che nel 1777 don Antonio Maria Monti, prendendo possesso della parrocchiale dopo la morte di don Pietro Carpi, così scriveva nel documento di consegna: "ritrovai la canonica senza uscij, senza finestre e tutto quasi diroccante cosicché fui costretto a riattarla subito et ho speso in più volte tutto del mio proprio peculio".
Le migliorie apportate alla canonica da don Monti nel corso del suo apostolato in Traversetolo furono molte e condotte a buon fine; infatti nel 1801 don Giovanni Valla così la descrive: consistente in due belle camere grandi framezzate da un andito in mezzo con una cucina ed un altro camerino, suoi granai, cantina, dispensa, bugadara, piccolo stallino, ed altro, fornita di suoi uscii, finestre con suoi ferri, e chiave; una credenza di pioppa appesa al muro della cucina; un tavolino di legno di moro; una cassa di pioppo con due coperti divisi quasi consumata, e corosa; due scranne o sia poltrone coperte; quattro banche da letto in vece dell’altiera perduta; un vascello di due brente pel vino delle messe; un ferro per le ostie da due impronte; un quadro della Beata Vergine; una girella e sua catenella di ferro per pozzo; legni in cantina che servono per tappo della botte.
Nel corso dell’Ottocento la canonica subì normali interventi di manutenzione ma sostanzialmente rimase inalterata nella struttura esterna. Verso la seconda metà del secolo, specie con l’avvento di don Simonazzi, la canonica subì alcuni interventi migliorativi soprattutto nel piano terreno il cui fronte si presentava prospiciente la borgata, verso la quale aveva l’entrata principale. Le stanze erano state risistemate per alloggiare nuove attività, tra cui la sede della Cassa Rurale. Nei primi anni del Novecento, con l’arrivo di don Varesi anche la canonica venne coinvolta nelle numerose iniziative del parroco. Per alcuni anni ne fece sede del Piccolo Credito che aveva sostituito la Cassa Rurale, quindi adattò i locali del piano terreno per aprirvi, dopo l’entrata in guerra nel 1915, l’Ufficio Notizie Militari con lo scopo di mantenere aperta una via di comunicazione tra i militari al fronte e le loro famiglie, spesso impedita dal generale analfabetismo. Sempre nel periodo bellico la canonica ospitò l’asilo infantile, dal momento in cui il Collegio delle suore era stato occupato dai militari, e la Sala del Soldato, presso la quale i militari trovavano conforto e aiuto per contattare le loro famiglie. Nel dopoguerra, al piano terreno si approntò il Salone per riunioni o necessità parrocchiali.
Il 13 ottobre 1945 prendeva possesso della parrocchiale don Mario Affolti; egli trovava una chiesa nuova poiché recentemente ristrutturata da don Varesi, ma una canonica in condizioni precarie. Con entusiasmo appoggiò quindi il progetto del Comune che intendeva abbellire il centro del paese con la conseguente ristrutturazione di tutti gli edifici prospicienti piazza Vittorio Veneto. Affidato il progetto per la cura estetica a Renato Brozzi, la canonica venne ripensata quale edificio di maggior effetto scenografico nel cuore del paese. I lavori, iniziati nel 1951, vennero ultimati nel 1954 con l’inaugurazione della nuova canonica o Casa Sociale, come preferì definirla don Affolti. L’intero complesso, rifatto dalle fondamenta, mostrava la nuova facciata verso la borgata preceduta da una piazzola interna alberata che ne esaltava la maestosità. All’interno la canonica era dotata di nuovi locali: quelli al piano terreno adibiti a vari usi; quelli al primo piano, per i quali si ottenne il contributo di Papa Pio XII, destinati a ritrovo del Circolo Acli con annesso Bar Aurora e raggiungibili con scala d’accesso a due rampe da piazza Vittorio Veneto; quelli al piano secondo (a livello della chiesa) con accesso dal sagrato, suddivisi in aule e sale di adunanza; quelli al piano terzo riservati a residenza sia del parroco che del suo coadiutore e serviti da due accessi: dal sagrato e dalla stessa piazza tramite scala interna. I disegni di progetto ed il sovrintendere ai lavori furono compito di don Onnis, all’epoca parroco di Bannone. A corredo degli spazi riservati alle attività dell’oratorio, compresa la sala cinematografica la cui parete nord affianca tutto il sagrato, l’antico campo della vigna, a sud della canonica, venne trasformato in campetto per le attività ludiche, circondato da un muro di contenimento che affianca parte di via san Martino e di via Petrarca, verso la quale si apre un accesso. A ultimazione dei lavori lo scultore traversetolese Ercole Vighi realizzò alcune opere a rilievo che vennero inserite, la prima, con simbolo mariano, nella lunetta d’accesso alla canonica, una seconda, con piccoli cantori, all’entrata dell’oratorio su via san Martino, la terza, la Vergine di Fatima, sul fronte della canonica verso piazza Vittorio Veneto. Nei locali della canonica venne ospitata la scuola media dagli anni Cinquanta fino alla realizzazione del nuovo edificio Alessandro Manzoni ad opera del Comune.
Negli anni Sessanta vennero apportate alcune modifiche al piano terreno della canonica a livello della piazza Vittorio Veneto per ottenere, da una parte l’ingresso autonomo per la sala cinematografica, dall’altra nuovi locali da destinarsi all’Associazione Pubblica Assistenza Croce Azzurra, sorta anche per volontà di don Affolti.
Il successore di don Affolti, don Alberto Spagnoli, rinnovò nel 1988 il salone cinematografico trasformandolo in Sala della Comunità, ottenendo con l’eliminazione del loggione, una stanza per conferenze. Apportò inoltre miglioramenti interni alla canonica rendendola più funzionale.