Don Pietro Viola
(24 gennaio 1931 - 19 settembre 2020)
Nato a Mozzano (Neviano de’ Arduini) il 24.01.1931, viene ordinato presbitero a Parma il 20.06.1954 dal Vescovo Evasio Colli, che lo destina alla parrocchia di Pianadetto. Inizia qui una esperienza che delinea il primo e più importante tratto della sua figura di presbitero diocesano: il ministero di parroco, che per ben 55 anni lo porterà a servire tante comunità della montagna (dopo Pianadetto, Antreola, Tizzano e poi ancora Monchio e il monchiese, Calestano e Marzolara e le altre comunità calestanesi, Terenzo e Bardone, Ranzano e le Parrocchie del basso palanzanese e della Valcieca) e due popolose parrocchie della città (S. Maria della Pace e S. Lazzaro).
Nei suoi parrocati quali i tratti che in lui tutti abbiamo apprezzato? Non si può dimenticare la sua personale disponibilità alle necessità della Diocesi, in obbedienza al Vescovo e così pure la sua pastorale semplice ed intelligente, in quanto capace di “incarnarsi” per il bene della gente, sia che si trovasse nell’alto monchiese piuttosto che nella valle dei Cavalieri o in città, e sempre ed ovunque volta a promuovere le collaborazioni dei laici.
Ma la sua “impronta” è stata senz’altro quella di “rappresentare al vivo” il can. 280 del CIC, che nella prima parte, a proposito dell’esercizio del ministero presbiterale, “raccomanda vivamente ai chierici di praticare una consuetudine di vita comune”. E qui il fondamento sacramentale si invera certamente grazie a quella che don Piero amava definire come “una facilitazione” a vivere il ministero diocesano. E cioè l’esperienza del Focolare.
Con una significativa consuetudine con Chiara Lubich ed i ruoli di responsabilità nazionale che per lunghi anni ha ricoperto, avendo trovato nella partecipazione al Movimento una risposta dello Spirito alla “corrente” di rinnovamento del Concilio Vaticano II.
Il suo essere focolarino non lo ha distolto dalla vita della Diocesi, ma in mezzo alle normali attività pastorali lo ha portato a proporre e far crescere lo spirito di unità fra tutti, a partire dal presbiterio diocesano, facendo di esso e della Chiesa di Parma “la casa e la scuola della comunione”, come fermento di fraternità per l’intera umanità.
C’è poi un terzo tratto caratterizzante la sua figura e il suo ministero, che dal 2007 fino alla morte, lo vede esorcista diocesano. Fin dai tempi in cui ogni settimana scendeva a Parma da Ranzano e poi mentre era in città e financo nell’ultimo anno in cui è stato ospite di Villa sant’Ilario, dove l’Opera, naturalmente prima del lockdown, gli aveva dato la possibilità di continuare a ricevere persone, da cui comunque era “braccato” per via telefonica, a qualunque ora del giorno e non solo, ebbene don Piero al ministero di esorcista si è dedicato con una assiduità ed uno zelo che talvolta hanno messo a repentaglio la sua salute, ma anche con un equilibrio ed una sapienza che sono stati apprezzati anche fuori Diocesi. Per incontrare l'esorcista si partiva anche da Reggio, Cremona e Piacenza. Come la stragrande maggioranza che erano parmigiani, per don Piero, tutta gente alla ricerca di aiuto. Aiuto, dopo aver sollecitato col suo fare “disarmante” un accompagnamento di natura psicologica e psichiatrica, per lui la quasi totalità delle volte significava “semplicemente” confessione, preghiera, direttive spirituali.
E poi c’erano i «pochi altri», per i quali combatteva, offriva e soffriva. Con una certezza: che la permissione di Dio, anche quella concessa al demonio, è per il bene e che il Vangelo scaccia il demonio. Sempre.
Grazie, don Piero, della tua testimonianza di fede di parroco, focolarino, esorcista.
Ora che hai ritrovato don Dario, che nella scheda a tuo nome nello stato del clero viene definito, insieme alla famosa perpetua Natalina, tuo “convivente”, ti affidiamo il nostro presbiterio, puoi immaginare per cosa… Perché resta la seconda parte del can. 280 che auspica, anzi chiede che “dove la vita comune è attuata, per quanto è possibile, si mantenga”.
Don Piero, aiuta noi tuoi confratelli a mantenere questa consuetudine, che era la tua, ed a rimanere o diventare “presbiteri della vita comune”! Sì, certo, “per quanto possibile”. Ma il tuo ricordo ed il tuo esempio ci convincano tutti che lo è davvero… almeno un po’ di più. E convincano qualcuno a raccogliere da te il testimone!
don Stefano Maria
Parma, 19 settembre 2020
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