Missionari Saveriani
Cari confratelli, vi scriviamo...
Lettera agli studenti saveriani nel mondo
Carissimi confratelli e amici, vi scriviamo alla fine di questa Quaresima vissuta in modo particolare data la situazione che stiamo attraversando, a causa del Coronavirus. Vi rivolgiamo, con questo nostro scritto, un saluto cordiale e approfittiamo per condividere con voi la situazione della nostra comunità.
Ovviamente, tutti voi siete al corrente di quello che sta succedendo nel mondo, in Italia e, particolarmente, nella comunità della Casa madre. È una situazione faticosa e tutti noi vediamo quanto sia difficile lottare contro un nemico invisibile. In queste settimane molti di voi, dopo le morti improvvise di tanti nostri confratelli che hanno lasciato un vuoto incolmabile per la nostra famiglia, vi siete preoccupati e vi siete fatti presenti con chiamate, messaggi di conforto e altri mezzi di comunicazione, per avere nostre notizie. È stato bello vedere la solidarietà che si è manifestata da parte vostra e che continua ancora a farsi sentire; è il segno che nonostante le distanze siamo una famiglia e testimoniamo il sogno del nostro Santo Fondatore.
Non possiamo negare che ciò che è successo in Casa Madre non abbia avuto un’influenza negativa sulla nostra comunità; immaginando che più o meno ogni giorno un Confratello moriva, potete mettervi nei nostri panni…. È stato per noi un momento di prova e ci sono stati attimi in cui la speranza veniva meno. Ci siamo sentiti male nel corpo e nello spirito; alcuni di noi hanno avuto febbre, mal di testa, raffreddore e stanchezza generale. Addirittura, in una settimana ci siamo trovati con più della metà della comunità della teologia a letto. È vero che non eravamo soli. Le persone che ci sono sempre vicine hanno manifestato ancora di più un’attenzione particolare. Essendo in quarantena, infatti, e non potendo uscire di casa, alcuni laici saveriani e amici, anche dei nostri luoghi di apostolato, si sono offerti volentieri per comprarci le medicine e tutto quello di cui avevamo bisogno. Abbiamo sperimentato un grande senso d’attenzione e di vicinanza e di questo non ringrazieremo mai abbastanza il Signore.
Vi possiamo rassicurare che ora stiamo tutti bene e che la comunità ha ripreso il suo ritmo; di Dio. Sembrano descrivere questi nostri giorni. Non ho mai capito veramente coloro che non amano l’Antico Testamento. Forse pensano che parli di un Dio crudele e di un popolo schiavo. A me piace perché trasuda umanità, dannata e capace di lasciarsi redimere. Non ognuno s’impegna a svolgere i suoi diversi compiti. Alcuni fanno lezione via skype, altri studiano le dispense mandate dai professori e così via. Forse possiamo dire che in teologia l’ondata “cattiva” è ormai passata, anche se non possiamo negare una certa incertezza circa il futuro… Le ultime notizie ci dicono che anche i nostri Confratelli della Casa Madre si stano riprendendo. Questa è una bella notizia per tutti noi. Prima di terminare questo breve scambio, vogliamo rivolgervi una richiesta anche se sappiamo che lo fate già, ma ci preme di ricordarvelo: pregate per noi, per la nostra famiglia saveriana e per il mondo intero. Il coronavirus, è forse un grido di allarme per il nostro mondo che sta perdendo di vista il primato dell’umano a favore dell’egoismo e individualismo. Grazie di tutto e un abbraccio fraterno
STUDENTI di TEOLOGIA
Nella tempesta, il canto della gioia
Fuori il cielo è plumbeo in questo pomeriggio di fine marzo. Una pioggerellina gelida intristisce queste ore che trascorrono lente, avvolte in un silenzio artificioso. In casa, ancora morti: una angosciante processione. Il cuore è come intontito. Ho davanti un libro, tradotto dal nostro p. Tiziano Tosolini che contiene racconti brevi dello scrittore giapponese Shusaku Endō, intitolato Frammenti di vetri colorati. Li ho letti tutti. Narrano le vicende dei cristiani nascosti, kakure kirishitan, durante la durissima prova della persecuzione.
Chi ha veduto il film di Scorsese, il Silenzio, sa di cosa parlo. Endō scrive, dunque, che coloro che venivano scoperti a praticare il cristianesimo venivano giustiziati su un isolotto frastagliato, chiamato “Isola delle rocce”. Legati mani e piedi, avvolti in una stuoia e gettati uno ad uno nelle gelide acque del mare. Dio mio, quanto somigliano queste stuoie alla pandemia che ci avvolge in questi giorni e quanti di questi tonfi ho sentito!
Le Sacre Scritture, che la liturgia ci propone in questi giorni di Quaresima, sembrano fare da contrappunto al peso che grava sul cuore. Almeno per noi che, in questo buio, cerchiamo luce nella Parola di Dio. Sembrano descrivere questi nostri giorni. Non ho mai capito veramente coloro che non amano l’Antico Testamento. Forse pensano che parli di un Dio crudele e di un popolo schiavo. A me piace perché trasuda umanità, dannata e capace di lasciarsi redimere. Non sono più solo le vicende del popolo d’Israele, ma anche le nostre. Spesso i racconti si possono quasi sovrapporre, sì che le une sembrano scritte per l’oggi. Trovo che indichino - pedagogicamente - una prospettiva di senso. Anche le nostre vite sono crude, talvolta avvolte da una violenza e da un buio ancora più pesto del solito. Ho aperto il libro del profeta Geremia, al cap. 14, 17s. “I miei occhi grondano lacrime notte e giorno senza cessare, perché da grande calamità è colpita la vergine, figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco le vittime della spada; se entro nella città, ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere”.
Eppure, forse non solo laicamente, ci diciamo: “Ce la faremo”. Io mi aggrappo ancora a Geremia, che parla per bocca di Dio: “Di questo luogo voi dite: È desolato, senza uomini e senza bestiame. Ma si udranno ancora nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme… il canto della gioia e dell’allegria, il canto dello sposo e il canto della sposa e la voce di coloro che cantano: Rendete grazie al Signore degli eserciti, perché il suo amore è per sempre” (33, 10s.). Per questo, abbiamo cantato e ballato sui balconi delle nostre città.
p. EMILIO IURMAN, sx
Solidarietà
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La storia (e le epidemie) si ripetono
Ecco cosa scriveva mons. Conforti, il 27 gennaio 1890, a don Giuseppe Venturini su una epidemia influenzale nel seminario di Parma.
Caro don Giuseppe,
è purtroppo vero quanto ti è stato riferito, che anzi ebbi di vantaggio. L’influenza ha proprio imperversato nei giorni testé decorsi, e buona parte di seminaristi fu colpita da questa noiosissima infermità. Più di trenta si trovarono in letto ad un tempo, e gli altri tutti ben poca speranza avevano di andarne illesi. Non era più possibile procedere di questo passo, per cui si venne nella deliberazione di licenziare gli alunni e di sospendere le scuole, le quali si riapriranno dopo la solennità della Purificazione. Ciò poi che ha messo il colmo alla costernazione è stata la fine tragica ed inaspettata del povero Tebaldi, soffocato da uno sgorgo impetuoso di sangue. La mattina del giorno 19 rimanevasi in letto accusando un leggero mal di testa. Verso le ore 2 pomeridiane fu visitato dal medico che nulla trovò di grave, e la stessa sera alle ore 8.30 circa giaceva freddo cadavere. Non ha potuto ricevere gli ultimi sacramenti, ma ci è caro sperare che il Signore l’abbia chiamato in buon punto, poiché era un vero Angelo ed è morto lasciando vivissimo desiderio di sé. Lo raccomando alle tue orazioni. Io grazie al Cielo sto ottimamente, benché nei giorni ora decorsi abbia sofferto non poco, oppresso dai soliti reumi. Anche il Sig. Rettore non gode cattiva salute. L’influenza continua ad imperversare in città, l’ospedale è letteralmente ingombro, le farmacie son messe a ruba, il numero degli ammalati si fa salire a 20.000! Salutami i tuoi buoni genitori e tienimi presente nel Santo Sacrifizio.
Aff.mo in Cristo - Don Guido M. Conforti
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Tragedie mondiali: l’ora di scegliere!
Come stanno i saveriani in Congo RD, dopo la recente alluvione?
Sandra, Genova
Cara Sandra, il 17 aprile in una parte della città d’Uvira (Congo RD) “un torrentaccio ha portato giù dalla montagna fino al lago Tanganika pietroni e un mare di fango, seppellendo nel passaggio case e gente!” (p. Trettel). Sono morte 30 persone (ma molti mancano all’appello e altri sono ancora seppelliti dal fango). Le strade sono interrotte, i ponti caduti; più di 3.500 le case distrutte e quasi 78mila le persone danneggiate. Anche la casa delle saveriane ha subito seri danni ed è inagibile. Il rischio è che il dolore di questo popolo venga dimenticato perché la grande attenzione di tutti è oggi sull’emergenza Coronavirus. Noi saveriani siamo i “padri fondatori” della diocesi di Uvira, dove siamo impegnati nell’animazione missionaria e vocazionale. Tra l’altro, in Africa dice l’ONU rischiano di morire, colpite dal virus, più di 3 milioni di persone. Il Covid-19 è arrivato anche in Amazzonia. P. Panichella scrive: “La situazione è allarmante per il numero di persone contagiate che muoiono, senza accesso a cure. I numeri ufficiali, la punta di un iceberg, indicano sono il 10% dei malati”. “A Manaus scrive p. Curnis (PIME) nessuno ha creduto davvero alla pericolosità del virus. Si diceva che con il caldo di queste latitudini non sarebbe successo nulla. Ora ci troviamo nel mezzo di una tempesta. Le persone morte vengono ammucchiate accanto agli infetti nelle corsie dei vari reparti: scene apocalittiche”. Il virus rischia di causare un genocidio tra gli indigeni (che hanno già contagi e decessi), ancora di più quelli isolati. Nel mondo sono a rischio nazioni già colpite da guerra, crisi economiche e cambiamenti climatici (come Siria e Yemen). Fino a 250 milioni di persone sono a rischio fame e in pochi mesi, 30 milioni nel mondo potrebbero morire. Si rischia una catastrofe umanitaria globale, una carestia di “proporzioni bibliche”. Per papa Francesco l’umanità deve ora scegliere tra il bene della gente (rivedendo i propri punti di riferimento sociali, economici e culturali) oppure piegarsi e cadere nel sepolcro del dio Denaro. Il leader indigeno kayapò Raoni Metuktire dice: “Per molti anni vi avevamo avvisati sui danni causati alla foresta. Quello che state facendo cambierà il mondo intero e distruggerà la nostra e vostra casa. Avete invaso, bruciato, distrutto. Smettetela! Se la terra morirà, moriremo tutti. E allora sarà troppo tardi. Cambiate il vostro modo di vivere. Siete sulla via della distruzione e della morte”.;
padre Filippo Rota Martir
Missionari Saveriani
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