In punto di morte...
La fine della vita spaventa, non dovrebbe essere così per un cristiano, ma pur con tutta la fede, qualche timore persiste. Qualche secolo fa era assai peggio: non spaventava tanto la morte in sé quanto il giudizio di Dio che, secondo le predicazioni d’allora, non era per nulla tollerante e le porte dell’inferno si aprivano più spesso di quelle del paradiso.
Grande preoccupazione dei parroci era quindi quella di riuscire a salvare il maggior numero di parrocchiani dal fuoco infernale. Impresa non sempre facile perché il diavolo tentatore non lesinava in mezzi per aggiudicarsi l’anima del moribondo. Insomma, nel momento del trapasso, anziché un semplice rito d’estrema unzione, si poteva svolgere una vera lotta tra bene e male.
È quanto capitò, e non solo una volta, al parroco di Traversetolo, don Pietro Carpi, nel corso del suo ministero.
Di seguito si riporta la traduzione dell’atto di morte di una parrocchiana che si trovò, in fin di vita, sull’orlo della dannazione eterna
Anno Domini 1777, 7 di maggio.
Daria Lorenzani di anni venti, figlia di Matteo, dopo una quantità innumerabile di malattie che l’avevano colpita coi dolori dell’inferno per tre anni, in modo particolare la percossero negli ultimi tre mesi, con sintomi del tutto sconosciuti alle cognizioni dei medici, a causa della lotta contro il male, impallidita, tumefatta, annichilita la pelle tanto da ridursi ad uno scheletro, dolente per la contrazione dei nervi, curata tra i dolori dell’inferno, messa alla prova dal dolore pareva volesse del demonio invocare l’aiuto; ma per volere di Dio (salvata l’anima fino a quel punto), infine, elevati gli occhi al cielo dei beati con viso risplendente incontro allo sposo crocifisso, uscita dalla crocifissione, si addormentò in Cristo Gesù tra le mie lacrime, stanco per averla assistita trenta notti da quando più volte sembra dover morire (un piccolo stelo non importa quanto piccolo riportò umano trionfo sopra una schiera di mali).
Ai suoi funerali celebrati per volontà del padre piangente intervennero quattro sacerdoti e venticinque chierici, il cadavere col seguito di molti parenti e popolo piangenti, fu tumulato nel cimitero della Chiesa di San Martino il giorno 10 dello stesso mese.
A me, ciò che dicevano destino, cosa ancora darà in premio?
Don Pietro Carpi
C’era poi anche chi, pur non essendo in fin di vita, pianificava ogni eventualità in modo da essere pronto in caso si presentasse improvvisamente la morte:
Anno Domini 1787, 9 settembre, ora nono antimeridiana
Giovanni Bertini del fu Giovanni Ilario di anni 68, volendo cogliere dall’albero, al mattino presto, delle foglie per cibare i bachi da seta, cadde dall’alto. Esteriormente non appariva nessun segno di ferita, ma avendo presentimento di pericolo di morte, corse immediatamente alla Chiesa per premunirsi dei Sacramenti. Confessato da me, assolto, ristorato col pane degli Angeli, rafforzato con la sacra unzione, espresse quindi il suo testamento, nel quale costituì i suoi pronipoti eredi e la moglie usufruttuaria; volle che si celebrassero le ricorrenze del settimo e del trigesimo della sua morte con tutti i sacerdoti del circondario, assegnando l’elemosina di lire 5 per ogni sacerdote celebrante per la sua anima. Infine, a causa dell’emorragia al petto, abbandonò la lotta contro la morte, di sorpresa la pietà si introdusse nel suo sguardo; soccorso da me, in comunione con la Santa Chiesa di S. Martino, rese l’anima a Dio. Il suo cadavere il dì seguente fu tumulato
Don Pietro Carpi