Domenica XXVI del Tempo Ordinario - Anno C
Commento al Vangelo di Don Fabio Rosini

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma".
Ma Abramo rispose: "Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti[...]
E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". Ma Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti"».
Cecità, Atrofia e l’Occasione di Lazzaro
Don Fabio offre un commento incentrata sulla lettura del Vangelo della ventiseiesima domenica del tempo ordinario, specificamente la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro.
Don Fabio mette in relazione l’antica narrazione biblica con le problematiche antropologiche e sociali dell’epoca contemporanea, in particolare l’atrofizzazione sensoriale e morale causata dall’eccesso di appagamento e dalla tecnologia, come l’uso massiccio di schermi che inibisce la funzione simbolica nei bambini. Il commento evidenzia il pericolo di una “schiavitù della pace” o “intontimento da benessere” che rende le persone cieche e sorde alle sofferenze altrui, come il ricco epulone che ignorava Lazzaro, la cui presenza era in realtà la sua “occasione di salvezza”.
Viene sottolineata l’importanza di “de-atrofizzare” i sensi e di utilizzare il dolore e le scomodità come mezzi per il risveglio e il discernimento, invitando gli ascoltatori a interrogarsi sulla destinazione finale delle proprie scelte, anziché soccombere al comfort e all’estetica.
Il Paradosso del Benessere: 4 Verità Scomode su Come la Comodità ci sta Rendendo Ciechi
Introduzione: Il Comfort è Davvero Nostro Amico?
Viviamo in un’epoca segnata da un’evoluzione tecnologica senza precedenti, una corsa costante verso il comfort, l’efficienza e l’appagamento istantaneo. Ogni giorno siamo iperalimentati di stimoli e soddisfazioni che promettono di renderci la vita più semplice e piacevole. Ma cosa succederebbe se proprio questo benessere, questa sovrabbondanza di piaceri, stesse in realtà producendo gravi ripercussioni antropologiche, indebolendo la nostra capacità di vedere il mondo per quello che è? E se il comfort, invece di essere un alleato, fosse diventato una gabbia dorata che atrofizza i nostri sensi e la nostra anima? Questo articolo esplorerà quattro spunti di riflessione sorprendenti, derivati da una saggezza antica, che mettono in discussione la nostra sfrenata ricerca della comodità.
1. L’Esercito degli “Scemi di Pace”: Quando il Benessere Atrofizza l’Anima
Uno dei pericoli più insidiosi del benessere è l’atrofizzazione. Basti pensare ai bambini che crescono immersi negli schermi di tablet e smartphone: secondo gli studi, la loro funzione simbolica viene letteralmente “asfaltata”. Ricevendo una quantità massiccia di immagini, come mai era accaduto nella storia umana, perdono la capacità di immaginare in proprio. Questo è solo un esempio di come un eccesso di stimoli esterni possa indebolire le nostre facoltà interiori.
Questa condizione ci porta a un parallelo potente e controintuitivo. Un tempo esisteva l’infelice definizione di “scemi di guerra” per descrivere persone traumatizzate e menomate dai conflitti bellici. Oggi, invece, ci troviamo di fronte a una diffusa condizione di “scemi di pace”: un esercito di persone, principalmente giovani e giovanissimi, privi di solidità interiore a causa di un’atrofizzazione da intontimento, diretta conseguenza del benessere. L’etimologia stessa della parola “imbecille”, che deriva dal latino imbellis (colui che non sa combattere), ci ricorda una verità scomoda. Non si tratta di riproporre un assurdo macismo, ma di capire che una vita priva di sfide e di lotta rischia di renderci fragili e incapaci.
2. Vestiti di Porpora e Ciechi sul Mondo: La Cecità del Piacere
La parabola evangelica del ricco epulone offre una metafora perfetta di questa cecità indotta dal piacere. Quest’uomo, descritto mentre indossa vesti di porpora e lino finissimo e si dedica ogni giorno a sontuosi banchetti, è completamente immerso nel suo comfort, senza rendersi conto di dove questa serie di soddisfazioni lo stiano portando. Talmente immerso da diventare cieco e sordo alla presenza di Lazzaro, un mendicante coperto di piaghe, che giace alla sua porta.
Il paradosso è evidente: il comfort, il piacere e l’ossessione per l’estetica, invece di arricchire la sua vita, lo hanno privato della sua umanità. La sua soddisfazione personale lo ha reso incapace di vedere la sofferenza che gli stava letteralmente accanto. La narrazione raggiunge un livello di acutezza straordinario in un dettaglio apparentemente marginale.
È notevole il particolare, solo apparentemente insulso dei cani che vanno a leccare le sue ferite. È un atto di cura quello che gli animali hanno intreprēso per questo povero ammasso di carne dolorante, ignorata dagli uomini, ai quali i banchetti e la porpora hanno tolto l’umanità. I cani superano gli uomini in sensibilità.
3. L’Inutilità dei Miracoli: Perché Nemmeno un Risorto Può Svegliare chi Dorme
La storia prosegue con il ricco che, ormai condannato al suo esito infernale, si preoccupa per i suoi cinque fratelli, ancora persi nella stessa via dell’appagamento che porta all’autodistruzione. Egli supplica il padre Abramo di mandare Lazzaro ad avvertirli, convinto che un evento soprannaturale possa scuoterli. La risposta di Abramo è tanto tragica quanto illuminante.
Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti.
Il significato di queste parole è profondo e terribile: il problema non è la mancanza di prove o di miracoli, ma l’atrofia dei sensi. Se la nostra capacità di percepire il mondo è spenta, intorpidita da un eccesso di piaceri, nessuna verità, per quanto eclatante, potrà mai convincerci. Non serve un evento straordinario per risvegliarsi; è necessario “deatrofizzare” i sensi ricominciando a usarli. Secondo questa prospettiva, la croce, il dolore e le scomodità spesso Dio ce li manda proprio perché apriamo gli occhi, riprendiamo ad ascoltare e torniamo in noi stessi.
4. Il Povero alla Tua Porta non è un Problema, ma un Regalo
Qui arriviamo all’idea più spiazzante e trasformativa dell’intera riflessione. A un primo sguardo, Lazzaro appare come una seccatura per il ricco, un fastidioso problema da ignorare. Invece, era esattamente il contrario: Lazzaro era la sua più grande opportunità.
Questa inversione di prospettiva è la chiave di volta. “Lazzaro” non è solo il mendicante, ma il simbolo di ogni forma di sofferenza e di scomodità che sfida il nostro comfort. I poveri, i problemi, tutte le sofferenze che ci circondano non sono una noia, sono un’occasione. Sono il modo in cui Dio ci visita per risvegliarci dal torpore del benessere, magari attraverso un problema che ci mette accanto, un bisogno, una bocca da sfamare.
Chi sono i poveri? Sono la nostra occasione di salvezza. Sono la nostra strada per arrivare al cielo. È attraverso di loro che Dio ci visita. Era un dono questo mendicante, scomodo e molesto con la sua presenza. Era un regalo di Dio alla porta del ricco epulone.
Conclusione: E Tu, lo Vedi Lazzaro?
In un’epoca ossessionata dall’apparenza, dai programmi di cucina e dagli abiti firmati, il rischio di costruire la nostra personale via della perdizione è reale e concreto. La ricerca costante del piacere e della comodità ci rende ciechi non solo verso i bisognosi, ma verso tutte le persone che abbiamo intorno. Il messaggio finale è una chiamata urgente al risveglio, a un “deintontimento” collettivo.
La vera domanda, allora, non è cosa possiamo ottenere di più, ma cosa stiamo smettendo di vedere. Chi è il Lazzaro che oggi siede alla porta della nostra vita, sotto forma di un problema, di una relazione difficile o di una sofferenza che ignoriamo? E ci stiamo rendendo conto che potrebbe essere la nostra più grande occasione?