Purificazione della B.V. Maria in Bannone

L’attuale chiesa di Bannone, dedicata alla Purificazine di Maria Vergine, è anche ricordata come Santa Maria Candelaria, poiché la solennità festiva, celebrata il 2 febbraio per commemorare la presentazione di Gesù al tempio e la purificazione della Vergine (Luca 2, 22-29), prende il nome dalle candele benedette che si portano in processione.

L’edificio sacro si trova in posizione isolata rispetto alla frazione di Bannone, composta da diversi nuclei abitati; per comprenderne la ragione occorre risalire ad epoche lontane, antecedenti l’XI secolo.

La documentazione più antica riguardante la zona, attualmente identificata con il toponimo unico di Bannone, ci tramanda l’esistenza di due nuclei distinti: Gavazzolo, collocato a ovest verso il confine con Mamiano, Cazzola e Lesignano, e Banone Saldinis, luogo della chiesa attuale, in prossimità del Castellaro. Questi due centri trovano motivazione dall’essere su due arterie viarie di particolare importanza: la prima, la più antica, era quella che collegava i monaci Vallombrosiani con Parma. Questa strada, valicato l’Appennino ad Ospedaletto, proseguiva nel Parmense toccando le località dipendenti dal monastero toscano di Vallombrosa, ossia Casola di Tizzano, Badia Cavana, Lesignano e Gavazzolo per giungere infine a San Basilide in Parma; la seconda strada, era invece percorsa dai monaci di San Bartolomeo dei Linari che, partendo dal monastero di Linari (nei pressi del valico del Lagastrello), raggiungevano le loro dipendenze parmensi di Vairo, Capriglio, Gavazzo di Traversetolo, Bannone, fino a San Salvatore di Parma. Proprio poco oltre la chiesa attuale di Bannone, tra i Boceti e le Saldine, le due strade confluivano per proseguire, oltrepasato il territorio di Basilicanova, per la città.

I due toponimi sono relativi all’ubicazione dei centri sul territorio: Gavazzolo trae origine dalla forma dialettale gavas, dosso, groppa collinosa, costruito con -aceus e la base preromana gava, torrente e idronimico in genere; Banone Saldinis può essere un derivato dal latino vadum, guado, passaggio, nella forma dialettale di bavòn, banòn, affiacato da saldinis derivato da saldus, nel significato di terreno infruttuoso o pascolo. La chiesa è proprio in prossimità del guado sul Masdone.

Come località Banone è ricordato nel 1033 nel documento di fondazione del monastero di Castiglione (Castione Marchesi) …in locas et fundus…Banoni… assieme a Rivalta e Vignale di Traversetolo. Il documento citato si riferisce alla dotazione del monastero voluta dal suo fondatore Adalbertus Marchio fq. Otberti e dalla moglie Adeleyda fq. Bosoni comitis, da cui la famiglia degli Obertenghi, che alcuni storici ritengono collegabile per via parentelare con la famiglia degli Attonidi di Canossa. Sempre agli Obertenghi1 è pure riferibile la fondazione del monastero di San Bartoleo dei Linari che, come si è detto, aveva notevoli estensioni terriere di sua proprieà sia a Bannone che in Traversetolo. Santa Maria di Bannone appare quindi strettamente collegabile sia col monastero di Linari che con gli Obertenghi, e la sua fondazione potrebbe essere collocata intorno al 1045, data presumibile della fondazione del monastero stesso.

Il primo documento in cui compare la chiesa come Priorato di Santa Maria Candelaria, risale al 1207, e si riferisce appunto alla sua dipendenza da San Bartolomeo. Per quanto riguarda invece il territorio di Bannone, esso compare nel 1195 tra i beni confermati al Vescovo di Parma dall’Imperatore Enrico VI. Questo spiegherebbe il fatto che, pur essendo priorato benedettino, la collazione di Santa Maria rimase sempre vescovile.

Nel Rotulus Decimarum del 1230 la chiesa, Ecclesia de banono de Saldinis, viene trascritta in plebe Traversetuli ma è ancora dipendente dal monastero di S. Bartolomeo. Nello stesso documento è ricordata, come dipendente dal monastero di Vallombrosa, un’altra chiesa: l’ Ecclesie de Caxola S. Iohannis que est in plebe Lignani. Non ci sono notizie ulteriori riguardo questo edificio sacro che pare essere collocato nella circoscrizione di Cazzola ma in pievato di Lesignano, tuttavia proprio questa definizione geografica indurrebbe a supporre che l’edificio si trovasse in zona di confine tra le due località limitrofe e, se fosse così, anche in confine con Gavazzolo. Questa località di Gavazzolo, ricordata in più documenti come Villa, doveva certamente avere un suo luogo di culto, e non è escluso che fosse proprio questo. Quello che è certo è che nelle decime del 1299 questa cappella non compare più, così come nell’Estimo ordinato dal vescovo Ugolino Rossi nel 1354; ma in un documento del 1363, stilato in occasione della fondazione di un Beneficio di san Nicolò nella chiesa di Santo Spirito di Parma, per volontà di Gabrinij filii quondam d. Raynerij de Rivalta, tra i confini dei terreni donati si ricorda…ad Rivale in pratagiis…ad Ecclesiam ruptam…fines ec.la de Cazola… Oltre questa indicazione di una chiesa ormai abbandonata, non compaiono notizie di un luogo sacro in Gavazzolo se non in epoche tarde e come oratori. Ma è solo nel 1564, all’interno della Descriptio omnium civitatis et diocesis Parmensis ecclesiarum di Cristoforo della Torre, che compare il Prioratus S. Mariae de Banono cum Gavazzolo: due località, un’unica chiesa. Il fatto che sia specificato nel documento, Bannone con Gavazzolo, induce a supporre che quest’ultima località fosse all’epoca sprovvista di una sua cappella o anche di un semplice oratorio pubblico. Inoltre nell’esplicitazione del valore di Bannone, in modo dettagliato e non comune alle altre chiese, Prioratus S. Mariae de Banono cum Gavazzolo, cum cura, extimatus libras 200 (Scut. 140 vel circa livelli; bob. 130 terrae cum domibus), si potrebbe leggere un computo valutativo dovuto forse ad un assestamento ultimo dei confini e delle possessioni della chiesa; ne emerge una valutazione ragguardevole, di molto superiore alla stessa pieve di Traversetolo da cui è dipendente. Va ricordato inoltre che proprio in confine tra Bannone, Gavazzolo e Cazzola possedevano terreni, censiti nel Catasto Farnesiano al 1561, le suore Domenicane di Parma; le loro proprietà sono ricordate col toponimo Campo dei Frati.

Anche se ormai sicuramente unica chiesa e senza alcun oratorio dipendente, Santa Maria della Purificazione continuò perlomeno fino al XVIII secolo a definirsi ed essere definita come Bannone con Gavazzolo, testimoniando una separazione civile ma non ecclesiastica.

Fino al 1342 è certo che Santa Maria di Bannone dipendesse da San Bartolomeo o San Salvatore di Linari: la data infatti si riferisce ad un contratto d’affitto, stipulato con Nicola da Correggio, per tutte le terre che il monastero possiede in Bannone (circa 58 biolche). Oltre questa data le notizie riguardanti il monastero mutano radicalmente, tanto che alcuni beni si alienano e l’edificio presso il Lagastrello viene abbandonato per rovina. Al 1466 è descritto completamente in rovina.

Già al 1354, nell’estimo del vescovo Ugolino Rossi, la chiesa di Bannone era entrata nel pievato di Traversetolo, pur mantenendo il priorato, e si specifica di collazione vescovile. In seguito poi rimarrà sempre tra le dipendenze di Traversetolo pur conservando la propria autonomia e mantenendo per periodi diversi il Vicariato foraneo.

Nel 1413 Bannone è compreso tra i beni concessi in feudo ai fratelli Giacomo, vescovo di Luni, e Pietro, conti Rossi, dall’imperatore Sigismondo. Proprietà allodiali dei Rossi sono attestate soprattutto nella zona di Gavazzolo; nel 1520 il priorato della chiesa di Bannone era posseduto da d. Camillus de Rubeis così come lo era ancora nel 1564. Forse ai Rossi ed al loro legame con i benedettini, che possedevano terreni tra Bannone e Mamiano, dove avevano il mulino di sopra, si deve l’introduzione del culto di San Fermo. Culto che ci rimanda al vicino Lesignano, con la probabile erezione da parte di Pier Maria Rossi dell’oratorio di San Fermo, officiato dai padri benedettini di Torrechiara. Questo culto in Bannone è ricordato solo in tarde carte secentesche, non vi sono benefici nella parrocchiale né compare in alcuna notizia riguardante il territorio parrocchiale o famiglie del luogo.

La permanenza dei Rossi, oltre che travagliata, fu breve: in seguito ai dissidi con la città di Parma, i loro beni in zona vennero sequestrati dalla Camera Ducale ed elargiti in parte agli Sforza di Santa Fiora. In una mappa dello Smeraldi, databile al 1599, si leggono ancora le due località distinte: Banone Villa e Gavazolo Villa dell’Illustrissimo Conte Sforza [di Santa Fiora]. Questi ultimi alieneranno ben presto i loro possedimenti allodiali, lasciando spazio a nuove famiglie di proprietari terrieri che daranno seguito allo sviluppo economico e urbanistico del luogo. In breve infatti, col sorgere di nuove case, Gavazzolo assumerà soltanto il significato di toponimo locale soppiantato da Bannone che sarà indicativo dell’intera comunità costituita intorno alla chiesa di Santa Maria della Purificazione.

È tradizione popolare, non provata da alcuna testimonianza, che il priorato fosse transitato alla fine del Quattrocento ai padri Domenicani. Questa convinzione è supportata dalla presenza in chiesa di un quadro, attribuito a Giuseppe Maria Crespi, raffigurante la Madonna col Bambino tra nubi e angeli, uno dei quali offre a san Tommaso una corona di gligli. Il quadro, databile alla metà del Settecento presupporrebbe la presenza dei monaci ancora a quella data. Questo non corrisponde né al vero né alla tradizione che li vorrebbe presenti in Bannone fino al 1550 circa. Nei documenti conservati nell’archivio parrocchiale non compaiono monaci presso la parrocchiale per lo meno dalla metà del XVII secolo. Dei padri domenicani inoltre non sono attestate proprietà né benefici non solo in nessun documento della chiesa ma neppure negli antichi catasti. È più attendibile collegare la presenza domenicana alle suore domenicane, già sopra ricordate, accertate sul territorio già dal XVI secolo, come provato da loro proprietà descritte dal Catasto Farnesiano già al 1561. Esse comunque possedevano terreni prossimi a Gavazzolo, privi di immobili. Il quadro in oggetto non compare indicato negli inventari della chiesa di Santa Maria, neppure in quelli dei primi anni dell’Ottocento, come se si trattasse di un’opera depositata ma con possibilità d’essere richiesta in altro momento. Ma le carte d’archivio delle suore domenicane cessano al 1805, così come l’esistenza del convento.

La chiesa di Bannone mantenne l’originale struttura medievale fino al 1691. Aveva tre altari: uno del SS.Sacramento, uno della SS.Vergine del Suffragio e quello centrale della SS. Vergine della Purificazione, circondato dal coro e con quadro nell’abside. Nel 1705 si diede principio a far li centi da far il volto della chiesa principiando dalla parte del presbiterio sino al Battisterio, non volendo il popolo, a riserva di pochi. I lavori vennero condotti da mastro Giuseppe Pelloli Capomastro muratore spesato dal Priore, con il suo compagno e garzoni. I lavori in muratura si debbono alla benignità del sig. Carlo Mamiani da Panocchia che concesse la sua fornace di Mamiano posta tra li dui mulini.

Nel 1717 l’altare maggiore fu retracto ad formam meliorem. Si commissionò un altare nuovo, opera di Francesco Adorni, scultore e intagliatore di Parma abitante in vicinia di Santa Lucia. Per l’altare, ad intaglio e completo di baldacchino, furono spese 500 lire. L’altare venne poi trasportato da Parma con due carri dal mezadro detto Regiano. Nel maggio del 1722 fu levata dal campanile dalli homini del comune di Banone la campana vecchia rotta, e pesata, è di pesi quattro e libre quattro. La campana venne quindi sostituita con una nuova. Altri lavori sono attestati dalla data 1754 scritta nel sottotetto dell’abside.

L’interno venne risistemato sempre nel Settecento. Nella navata, con due cappelle a decori in stucco, sono appese due serie diverse di bracciali portacero. Alla parete destra è appoggiato il quadro della Madonna col Bambino e S. Tommaso d’Aquino, attribuito al Crespi, con sua cornice originale; di fronte un Crocifisso di scuola del Bernabei (inizio del XVII secolo); nel piccolo vano a Battistero, un affresco della metà del Seicento col Battesimo di Cristo; prima del presbiterio, la Vergine prega la Trinità per le anime purganti, con i SS. Giuseppe, Giovanni Battista e Michele, attribuito a Paolo Ferrari (1772), la cui firma nell’angolo è semicancellata da ripuliture. La balaustra lignea è sempre del Settecento; oltre l’altare, un bel letturino impiallacciato (1770 circa) ed un’ancona con la copia della Circoncisione attribuita a Francesco Lucchi in Santa Croce a Parma, ridipinta da Giovanni Ageni nel 1855.

In sagrestia sono conservati alcuni pregevoli arredi, paramenti preziosi e argenti.

Nel 1787 si rifece la facciata in stile neoclassico, con portone coevo ad intaglio. È presumibile che, in questa data, si collocasse nella porta d’accesso laterale la lunetta romanica con croce a rilievo, forse un tempo sul portale maggiore.Il campanile fu rinnovato verso il 1910.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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